Napoleone Bonaparte muore il 5 maggio 1821. Come è giusto ricordarlo a 200 anni dalla scomparsa?
Come dobbiamo rievocare Napoleone? Come un abile condottiero o come un despota implacabile?
Su Napoleone Bonaparte e sulla sua figura si sono consumati fiumi di inchiostro e chilometri di pellicole cinematografiche… e non solo: qui la scheda al mio foulard! Tutti ne hanno parlato e ne parleranno (si dice che la bibliografia su Napoleone sia seconda solo a quella su Gesù Cristo). Sempre. E oggi più che mai.

In fondo, esistono tanti Napoleoni quanti sono gli autori che ne hanno scritto.
Ora il generale torna alla ribalta perché il 5 maggio 2021 sono i 200 anni dalla sua morte. E si sono scatenate diverse polemiche, perché molti -sopratutto in Francia- vorrebbero lasciar passare in sordina questo anniversario.
Misoginia e razzismo sono le accuse principali che il nostro secolo gli muove: pare che Napoleone vedesse nelle donne semplicemente il mezzo per portar avanti la stirpe, esse potevano essere solamente mogli e madri. Secondo altri questo atteggiamento nascondeva -molto semplicemente- una forte timidezza. In effetti, ripose affetto e fiducia in tutte le sue sorelle, che gli furono fedeli alleate nell’ascesa al potere, ma non solo.
Sul razzismo, invece, non c’è avvocato che vincerebbe in tribunale. Fu Napoleone imperatore, nel 1802, a ripristinare la schiavitù abolita durante la rivoluzione francese.
“Il solo mio Codice, nella sua semplicità, ha fatto più bene alla Francia di tutto l‘ ammasso di leggi precedenti“
Eppure vanno a Napoleone i meriti dell’attuale codice civile (in Francia è ancora in vigore quello napoleonico) e del sistema educativo moderno. È proprio a lui, infatti, che nel 1806 si deve la “invenzione” di una scuola pubblica gestita dallo Stato.

Il generale che è diventato imperatore sarà quindi ricordato in Francia e nei paesi dove ha lasciato un segno, come l’Italia: a lui si guarderà pertanto «con gli occhi spalancati» senza quindi trascurare i «momenti più difficili» e quelle «scelte che appaiono oggi contestabili» assicura il portavoce del governo, Gabriel Attal.
Sicuramente non merita una “celebrazione”. Ha però diritto a un ricordo, avendo tracciato un solco incancellabile nella Storia.
Io tra atti di inqualificabile “delinquenza politica” e altri di feroce umanità, voglio riconoscere (almeno) un merito a Bonaparte, quello di aver intuito che
la grandeur e l’autostima d’un Paese passano anche attraverso le imprese culturali e scientifiche.