Emilio Pucci, Gioielli d’Africa, 1963
Questi gioielli documentano come la passione di Emilio Pucci per i viaggi sia nata prima di quella per la moda. Questo amore si riflette spesso nei suoi disegni, soprattutto nel primo periodo di attività. Se negli anni Cinquanta la musa principale è l’Italia, nel decennio successivo lo stilista sperimenta fantasie ispirate a paesi esotici, rappresentati da disegni con nomi evocativi, come Bermuda o Bankok.
Il viaggio in Africa fu quello che più di altri gli aprì la mente, ampliando la sua gamma cromatica e aumentando gli stimoli grafici. Un esempio lo dà questo carré, in crêpe di seta morbido e leggero. I profili di giovani donne, maschere e monili si fanno gioielli, pendenti d’oro legati tra loro da catene sottili. Il protagonista è il giallo, in svariate tonalità, che sembrano voler riportare ai colori che assume il deserto nelle diverse ore del giorno.
Racconta Franca Sozzani che Pucci le rivelò come in Africa potesse passare anche giorni interi nello stesso punto a studiare un luogo e i toni che assume nel corse della giornata, perché fare moda «è un ping pong di colori».
Di questo carré ne possiedo due versioni, una sui toni dell’oro, in crêpe di seta, e una seconda in chiffon, blu e verde acqua. La scelta di tonalità così diverse in differenti tessuti, documenta come l’attenzione di Pucci al dettaglio fosse precisa e meticolosa.

Del foulard in crêpe di seta si parla anche nel piccolo catalogo de la “Collezione dei Carré” di Rossi Selected Vintage che ho curato insieme alla mostra Le Vie della Seta a Bologna (Bologna, 2019).